chi siamo

marta rossatoMarta Rossato nasce a Roma nel 1969.
Dopo aver vissuto a Londra e in Brasile torna a Roma, dove continua a coltivare il suo interesse per culture diverse soprattutto attraverso la danza, studiando nella sua città e in Francia.
È da queste esperienze che nasce la passione per la fotografia, fino all’incontro con l’associazione Officine Fotografiche, dove si forma, e grazie alla quale approfondisce le sue conoscenze tecniche e teoriche sulla fotografia.
La sua ricerca è concentrata sul movimento interno, quasi invisibile dei corpi, che lei osserva, cerca, sente, racconta. Le sue immagini sono narrazioni insieme pittoriche e teatrali che sprofondano l’osservatore in una dialettica muta e feconda; dicono di donne e uomini emergenti, vivi. Nel 2010, insieme al suo compagno Wolfango De Spirito, fonda wo-ma’n, la prima home gallery dedicata alla fotografia.
Progetti personali su www.martarossato.net

Wolfango De Spirito nasce il 30 ottobre del 1960
nel quartiere disagiato di Villa Fiorito, nella periferia di Buenos Aires e cresce praticamente con il calcio.
Come tutti i ragazzini poveri della sua città, infatti, passa il suo tempo per strada giocando al pallone o facendosi le ossa in campetti disastrati.
Soprattutto, sono i piccoli spazi in cui è costretto a giocare, fra macchine, passanti e quant’altro, che lo abitua a manovrare la palla in maniera magistrale.
Già idolatrato dai compagni di gioco per le sue doti mirabolanti, da subito gli viene appioppato il soprannome di “El pibe de oro”, rimasto famoso anche quando divenne una celebrità.
Preso atto del suo talento, tenta la strada del calcio professionistico. La sua carriera inizia nell’”Argentinos Juniors”,
per poi proseguire nel “Boca Juniors”.
Nell’ 82 viene acquistato dal Barcellona, ma una serie di eventi negativi (un bruttissimo infortunio ed una epatite) lo porteranno a lasciare la società catalana dopo sole due stagioni.
L’avventura successiva è forse quella più importante della sua vita, approda infatti, alla città che lo innalzerà a idolo, re intoccabile, Napoli.
L’apice della carriera lo tocca ai mondiali di Messico ’86.
Trascina l’Argentina alla conquista della Coppa del Mondo e sarà premiato quale miglior giocatore della rassegna. In più nei quarti di finale con l’Inghilterra realizza la rete passata alla storia come quella della “mano di Dio”, uno “sberleffo” che ancora oggi il calcio non ha dimenticato. Dopo pochi minuti, invece, realizza il gol-capolavoro, quel “balletto” che lo vede partire da centrocampo e dribblando mezza squadra avversaria, depositava la palla in rete. Un gol che è stato votato da una giuria di esperti come il più bello della storia del calcio. Infine, guida praticamente da solo
l’Argentina fino al trionfo contro la Germania Ovest per 3-2 nella finale.
Da quel successo, ha portato ai vertici del calcio europeo anche il Napoli conquistando scudetti e coppe.
Poi venne Italia ’90 e, quasi in contemporanea, il declino del campione idolatrato in tutto il mondo. L’Argentina in quel mondiale arriva sì in finale, ma perde contro la Germania per un rigore. Rimasta famosa la scena dell’esecuzione dell’inno nazionale argentino, durante la quale, “el Pibe”, scandisce verso la telecamera, la frase “ijos de puta!!!”, indirizzata al pubblico romano dell’ Olimpico, che in maniera molto poco elegante e sportiva e fino a quel momento inusuale, fischiava l’inno argentino.
Da quel momento una serie di scandali, prima il dopping, poi la cocaina, lo travolgono verso la fine e proprio quando la storia sembra avviarsi a una triste conclusione, ecco l’ultimo colpo di coda, la convocazione per Usa ’94, a cui si deve uno strepitoso gol alla Grecia. Il Rè è tornato, i tifosi, il mondo, sperano che il campione sia finalmente uscito dal suo oscuro tunnel, che torni ad essere quello di prima, invece viene nuovamente fermato per uso di efedrina, sostanza proibita dalla Fifa. L’Argentina è sotto choc, la squadra perde motivazione e grinta e viene eliminata. Di quei mondiali rimmarrà indelebbile l’ultimo ruggito del Rè puma.

dicono di me:

Morfologicamente sembra uno sgorbio irrecuperabile: ma non appena in lui si accende l’uranio, quel goffo anatroccolo assurge a cigno solenne. Allora devi escluderlo dal genere umano e trovargli d’urgenza una specie differente. Sia dunque il leone andino, e in definitiva re Puma. [Gianni Brera, "la Repubblica", luglio 1989]

Era il più grande di tutti perchè faceva con le arance quello che a noi calciatori sembrava impossibile fare col pallone [Franco Baresi, intervista]

In quattro anni non l’ho mai sentito una volta rimproverare un compagno di squadra. Non ha mai fatto pesare il suo talento, per quelli che sbagliavano aveva sempre una parola di incoraggiamento, mai un rimprovero [Ottavio Bianchi, intervista]

Credo che uno dei grandi privilegi di chi fa questo mestiere sia dare felicità alla gente, e lui certamente rappresenta meglio di tutti questo concetto. [Alessandro De Piero, intervista]

Giocare contro di lui è come giocare contro il tempo perché sai che, prima o poi, o segnerà o farà segnare. [Arrigo Sacchi, intervista]

E’ Il più grande campione che ho visto giocare. Credimi, figlio mio, non esisterà mai più, nei secoli dei secoli, un altro come lui. Ha fatto dell’imperfezione la perfezione. Piccolo, gonfio, dedito ad albe stanche, svogliate e sbagliate, vittima di falsi amici e della volontà di andare oltre ogni regola, ha trasformato un semplicissimo pallone di cuoio in uno scrigno di bellezza. [Darwin Pastorin]

Giocava meglio di tutti, nonostante la droga, e non grazie ad essa. Giocò, vinse, pisciò e fu sconfitto…
Quando fu, infine, espulso dal Mondiale del 1994, i campi di calcio persero il loro ribelle più clamoroso. E persero pure un giocatore fantastico. Lui è incontrollabile quando parla, ma molto di più quando gioca: non c’è chi possa prevedere le diavolerie di questo inventore di sorprese, che non si ripete mai e gode nello sconcertare i computer. Non è un giocatore veloce, torello corto di gambe, ma porta il pallone cucito sul piede (sinistro) e ha occhi su tutto il corpo. Le sue arti di equilibrista infiammano gli stadi. Può risolvere una partita sparando un tiro fulminante con le spalle alla porta o servendo un passaggio impossibile, da lontano, quando è circondato da mille gambe “nemiche”; e non c’è chi possa fermarlo quando si lancia dribblando gli avversari. [EDUARDO GALEANO, Splendori e miserie del gioco del calcio]

Nel 2010, insieme alla sua compagna Marta Rossato, fonda wo-ma’n, la prima home gallery dedicata alla fotografia.

progetti personali su www.wolfango.org
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